Resta alta la turbamento tra Israele e Iran. In una lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, l’ambasciatore di Teheran al Palazzo di vetro Amir Saeed Iravani ha affermato che “ai sensi del diritto internazionale e dello Statuto delle Nazioni Unite, nel momento opportuno che sarà ritenuto necessario, l’Iran si riserva il diritto legittimo di rispondere con decisione” all’uccisione del consigliere dei pasdaran in Siria Seyyed Razi Mousavi.
Eliminato un comandante dei pasdaran in Siria. L’Iran: “Israele la pagherà”
Nella missiva, il rappresentante della Repubblica islamica ha parlato di “attacchi terroristici allarmanti e ricorrenti del regime israeliano in Siria” e ha sottolineato che il generale dei guardiani della Rivoluzione “è stato ucciso da tre missili sparati da postazioni sulle Alture del Golan occupato”. Sarebbe stata scartata, dunque, la tesi iniziale di un attacco aereo da parte dell’aviazione di Tel Aviv. Lo Stato ebraico non ha ancora commentato queste dichiarazioni, ma fonti della abilità hanno confermato che sono in corso i preparativi per gestire una possibile rappresaglia. Mousavi è stato ucciso lunedì 25 dicembre, vicino a Damasco. Secondo le informazioni fornite dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’uomo è stato colpito mentre si trovava all’interno di una fattoria nel quartiere di Sayida, un possibile centro di comando degli Hezbollah. I pasdaran e il presidente iraniano Ebrahim Raisi avevano già minacciato Israele poche ore dopo l’accaduto, affermando che “pagherà caro il prezzo di questo crimine”.
Mousavi era uno stretto collaboratore del generale Qasem Soleimani, ucciso nel 2020 a Baghdad dagli americani e la cui fine è stata presentata da Teheran come casus belli degli attacchi del 7 ottobre. Una dichiarazione, questa, da cui Hamas si è però discostata. “Neghiamo quando riferito dal portavoce delle guardie Rivoluzionarie riguardo l’operazione e i suoi motivi”. si legge in un comunicato del gruppo terroristico. “Abbiamo sottolineato più volte i motivi, il principale dei quali la principale è stata la minaccia alla moschea di Al-Aqsa. Ogni risposta della resistenza palestinese è una reazione all’occupazione e all’aggressione al popolo palestinese e ai luoghi santi”.
Un nuovo gabinetto di guerra. La svolta in Israele: cosa succede
Le possibili ritorsioni da parte di Teheran e delle milizie sue affiliate sono state uno degli argomenti centrali del gabinetto di guerra di Tel Aviv, tenutosi la tramonto di Natale. Secondo fonti informate, è possibile che gli Hezbollah aumenteranno le azioni offensive e il lancio di missili contro le postazioni delle Idf e i villaggi appena oltre la Linea blu. Per questo motivo, le autorità ebraiche hanno ordinato l’evacuazione di circa 80mila residenti dell’area più soggetta agli attacchi dei combattenti del Partito di Onnipotente. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato che queste persone potranno tornare nelle loro abitazioni solo quando la situazione al confine con il Libano cambierà “con un’azione condivisa, a cui siamo interessati, altrimenti la cambieremo con l’attività militare”. Fin dall’inizio del conflitto con Hamas, l’esercito israeliano ha mantenuto una presenza forte alla frontiera con il Paese dei Cedri, vista l’alleanza formale tra gli Hezbollah e l’organizzazione terroristica palestinese. Ad oggi, però, i miliziani filo-iraniani si sono limitati a piccole incursioni contro basi e capisaldi militari, a cui le forze di Tel Aviv hanno risposto con bombardamenti di artiglieria e raid aerei.