Alcune settimane dopo l’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, avvenuta nel febbraio 2022, i diplomatici russi e ucraini si erano più volte incontrati per intraprendere colloqui di pace. Sembrava che gradualmente le due parti, anche grazie alla mediazione di attori esterni, su tutti la Turchia, potessero arrivare ad un’intesa. La situazione sarebbe tuttavia cambiata quando il mondo venne a consapevolezza del massacro di Bucha. A far davvero fallire i negoziati tra Kiev e Mosca, dunque, sarebbe stato lo sdegno suscitato in Ucraina e in Europa dalle immagini dei civili uccisi nella cittadina alle porte di Kiev, teatro di uno dei peggiori eccidi del conflitto, emerse dopo il ritiro delle forze russe da quell’area. Quell’episodio avrebbe convinto l’allora premier britannico Boris Johnson a premere sugli ucraini affinché interrompessero i negoziati con la Russia, in linea con la volontà già maturata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Un’occasione perduta
Andiamo con ordine e cerchiamo di ricostruire il mosaico seguendo il lungo articolo che il Wall Street Journal ha dedicato ai negoziati intrapresi da Ucraina e Russia nel febbraio 2022. Il giornaliero statunitense ha analizzato il dossier alla luce delle gravissime difficoltà oggigiorno affrontate sul campo dalle forze ucraine, e del fallimento della controffensiva militare tentata da Kiev lo scorso anno, sottolineando come quei negoziati potrebbero oggi essere considerati un’occasione persa da porzione dell’Ucraina di porre rapidamente fine al conflitto, evitando la perdita di centinaia di migliaia di vite umane e limitando le pretese territoriali di Mosca.
Secondo il Wsj, però, tale parere, unito alle ricostruzioni riguardanti le pressioni occidentali per porre fine a quei negoziati, da porzione tra gli altri dell’allora primo ministro britannico Johnson, non bastano a spiegare la complessità degli eventi. Il giornaliero ricorda che i colloqui tra le parti ebbero inizio pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva russa, il 28 febbraio 2022, nella cittadina Bielorussia di Gomel.
Il negoziatore ucraino David Arakhamia, intervistato dal giornaliero, ricorda che durante il primo incontro i negoziatori russi presentarono condizioni che se accolte avrebbero segnato la capitolazione dell’Ucraina: la sostituzione del governo del primo ministro Volodymyr Zelensky; la consegna da porzione delle forze armate ucraine di carri armati e sistemi d’artiglieria; e l’arresto e la messa a processo dei “nazisti”, in particolare i membri delle milizie nazionaliste utilizzate per anni da Kiev contro i separatisti russofoni dell’Ucraina orientale.
Perché sono falliti i negoziati tra Kiev e Mosca
“Ascoltammo, e realizzammo che non erano persone inviate per discutere, ma per ottenere una capitolazione”, ha dichiarato un altro dei negoziatori ucraini, il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak. Ciononostante, Kiev acconsentì a proseguire i negoziati: il 10 marzo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba volò ad Antalya, dove incontrò l’omologo russo Sergej Lavrov. Nei giorni successivi, prima di un nuovo incontro a Istanbul, la situazione sul campo virò però decisamente in favore di Kiev: le forze russe, in difficoltà sul piano logistico, subirono pesanti perdite attorno a Kiev. Per l’intera durata dei colloqui, il tema dell’adesione dell’Ucraina alla Nato fu cruciale: durante i negoziati – scrive il giornaliero Usa – Zelensky avrebbe offerto di rinunciare all’adesione all’alleanza in cambio di garanzie di sicurezza credibili da porzione di Occidente e Russia.
Proprio allora, i negoziati parvero congiungere vicinissimi a un successo, almeno secondo la Russia: stando alla versione degli eventi successivamente fornita da Vladimir Putin, i negoziatori ucraini a Istanbul avevano accettato quasi tutte le condizioni poste dalla Russia, e gli accordi “erano stati praticamente raggiunti”. Le forze russe- sostenne successivamente Putin – si ritirarono dalla periferia di Kiev proprio per agevolare un accordo. Kiev sarebbe però tornata sui suoi passi a seguito di forti pressioni dei Paesi occidentali, decisi a far proseguire il conflitto. Il motivo? Coinciderebbe con quanto i militari ucraini avrebbero visto a Bucha.
Mentre le forze ucraine avanzavano verso questa cittadina, si imbatterono in uno spettacolo orribile: decine di corpi stavano marcendo sotto la pioggia in via Yablunska e nelle aree circostanti. Ad alcuni cadaveri mancavano gli arti, probabilmente mangiati dai cani, mentre altri avevano il cervello che usciva dai teschi incrinati. Sui marciapiedi, nei fossati e in tombe improvvisate, c’erano altri corpi con le mani legate. Alcuni portavano i segni della tortura. Mentre i filmati di Bucha si diffondevano sui social media, Zelensky — come la maggior porzione degli ucraini — era sopraffatto dalla furia. Nessun civile ucraino era stato toccato dai russi, aveva provato a spiegare invano il ministero della difesa della Russia. Poche settimane dopo, a Kiev nessuno avrebbe avuto più alcuna intenzione di negoziare.